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Nell’ambito di un ricovero di un paziente presso una Struttura Ospedaliera o una Residenza Assistenziale Sanitaria le cadute rappresentano uno dei rischi più frequenti. In base a dati statistici tratti dal Journal of Gerontology Medical Sciences nel 5% dei casi la caduta provoca una frattura e nell’11% dei casi un serio infortunio, inoltre il 78% delle cadute potrebbero essere evitate poiché riguardano pazienti a rischio, e quindi assolutamente prevedibili.

Anche a domicilio, nel caso in cui si abbia un malato o un anziano allettato per la maggior parte del tempo, il ‘’rischio caduta’’ dovrà essere una delle prime preoccupazioni del caregiver, cioè della persona che più frequentemente si occupa della persona non autosufficiente.

Per evitare le cadute accidentali dobbiamo considerare 3 aspetti fondamentali:

  1. Le condizioni cliniche del paziente
  2. La valutazione del rischio ambientale
  3. La possibilità di utilizzare ausili per la sicurezza del paziente

Esistono situazioni in cui il malato è, proprio per la sua patologia, a grave rischio di caduta.

Un esempio è il paziente in stato vegetativo che, risvegliandosi dal coma e passando al cosiddetto ‘’stato di minima coscienza’’, manifesta un’attività motoria incontrollata: il paziente in stato di agitazione tende a togliersi la cannula tracheostomica, il sondino naso- gastrico o la PEG, il catetere vescicale, presidi indispensabili per la respirazione, l’alimentazione e la somministrazione di farmaci, l’igiene e a compiere talvolta movimenti incontrollati col corpo; a causa delle alterazioni percettive – motorie e anche cognitive dovute proprio alla sua situazione clinica questi movimenti possono costituire un notevole rischio di caduta dal letto.

Nel caso in cui il paziente sia ricoverato sarà compito del medico, dell’infermiere e del fisioterapista, far adottare posture corrette e funzionali tramite ausili. Per il paziente in stato vegetativo o in stato di minima coscienza il punto di criticità è essere assistito in modo adeguato nei bisogni inesprimibili, essere rassicurato psicologicamente in un ambiente umano e fisico confortevole. In alcuni casi però, in attesa che le attività della coscienza migliorino, è necessario mettere in atto alcune soluzioni fondamentali quali l’utilizzo di un letto con sponde dotato di un materasso antidecubito e cinture o imbragature che possano contenere il paziente.

Durante il periodo della degenza quindi si potranno così evitare decubiti, contratture e blocchi articolari che aggraverebbero gli schemi posturali e motori patologici e traumi causati dallo stesso paziente.

Questi elementi di “nursing“, di immobilizzazione, di addestramento vanno insegnate ai familiari e fatto loro comprendere che, bloccare un arto e impedire alcuni movimenti non significa procurare dolore ma prevenire una caduta, che la postura da seduto mantenuta con una imbragatura o una cintura serve a facilitare la relazione e il reinserimento nell’ambiente, che l’igiene è una stimolazione propriocettiva importante e che la gestione dell’alimentazione e degli sfinteri introduce un elemento di positività nel recupero del malato. Questa fase di “familiarizzazione” con il paziente in stato vegetativo o a minima coscienza dovrebbe iniziare precocemente sotto la guida dei vari operatori sanitari. Vedere il proprio caro contenuto con cinture in un letto con sponde può essere spiacevole ma le contenzioni rappresentano una sicurezza e fanno parte della gestione quotidiana per alcuni pazienti.

Anche in alcuni casi di pazienti anziani con deficit cognitivo l’utilizzo di cinture o fasce è indispensabile per mantenere a letto, ed eventualmente in carrozzina, una postura corretta e sicura. Continuano ad essere redatti protocolli che regolano l’uso dei mezzi di contenzione nelle RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali), nei reparti di geriatria, di rianimazione e di neurologia ma non meno attenzione va data alla gestione del paziente al proprio domicilio quando si ravvisi la necessità di prevenire i danni da caduta.

L’assistenza domiciliare di una persona non autosufficiente dovrà realizzarsi attraverso un Piano Assistenziale Individuale (PAI) redatto da un equipe di figure professionali quali medico, infermiere e fisioterapista. La contenzione del paziente va fatta sempre con estrema prudenza per le conseguenze sia psichiche che fisiche quali: la riduzione del movimento con conseguente riduzione della massa e del tono muscolare, l’aumento dell’osteoporosi e la perdita delle abilità quotidiane (mangiare, vestirsi e lavarsi). La contenzione in quanto atto medico necessita sempre di prescrizione medica e del consenso informato dei familiari perché la contenzione possa assumere dignità propria.

E’ un processo dinamico che va rivisto periodicamente in base alle modificazioni del quadro clinico del paziente. Appare quindi chiaro come, dopo un grave trauma, un evento acuto o una patologia degenerativa che ne ha compromesso le funzioni cerebrali, il paziente, in quello che sarà il suo personale percorso riabilitativo, possa contare su un’equipe terapeutica che coinvolga anche la famiglia e il caregiver per un buon proseguimento del trattamento riabilitativo.

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